"Al principe dei nembi il Poeta somiglia.
Abita la tempesta e dell'arciere ride,
esule sulla terra, in mezzo a ostili grida,
con ali da gigante nel cammino si impiglia."

mercoledì 28 aprile 2010

Bianco e Nero



...no, non
sono triste....
vedo solo tutto in bianco e nero,
ma mi ci sto abituando.

Non preoccupatevi,
sono come un giovane albero,
mi piego al vento, ma resto in piedi...
Non chiedetevi perchè scelgo di affogare in nuvole di fumo,
di spingere la mente sull'orlo della follia,
di alterare le mie percezioni,
di vivere in un mondo da allucinata...
Mi rifugio nei veleni del corpo
per riuscire ad ignorare quelli che corrodono l'anima,
lenti, silenziosi, subdoli...
La fantasia si libra verso l'alto
in eccentriche e psichedeliche spirali,
per poi ricadere
nella crudezza di un moderno Decadentismo,
infetto, malato e dannatamente contagioso...

Tranquilli, non vi infetterò!
Ho imparato ad andare in giro con la mascherina...
così potrete sempre immaginare che dietro di essa ci sia un sorriso!
Del resto chi sono io per avere il diritto di essere infelice?

A braccia aperte aspettando il vento



giorni colorati a pastello,
disegnati da un pittore
che ha perso la sua arte.
giorni che si lasciano trascinare
nell'incertezza,
tra i mormorii...
giorni che muoiono nell'insensatezza...
Ci sono giorni in cui resti ai bordi
a guardare la vita che scorre,
giorni in cui cammini sull'orlo del cratere
sperando di sentire il calore del magma
che brucia, freme e ribolle...
Ci sono giorni in cui aspetti una scintilla
e te la prendi col tuo corpo,
fino a sentire il veleno scorrere ardente nelle vene...
giorni in cui la cura è solo la follia,
in cui la mente si perde,
popolata da fantasmi...

Macchie di colore



Ho camminato per le strade della mia città,
nel luminoso tepore di una mattina di mezzo inverno,
calda nella mia sciarpa,
sicura nelle mie certezze.
Ho visto gente banale e vuota affrettarsi sui marciapiedi,
un'allegra gioventù inseguire sogni nella direzione sbagliata...
e in mezzo alla folla c'erano loro...
questi singolari individui,
nulla in tasca e il mondo negli occhi,
che affrontano la vita con le armi della follia.
Ma il confine tra follia e genialità è sempre molto labile...
E magari quel vecchietto
che vende santini per due soldi,
raccontando le sue storie sconce
ha capito qualcosa della vita.
E quell'uomo
che inonda la strada con la sua voce,
che vive della sua arte,
nella sua più disinteressata purezza,
forse almeno lui è felice...
E mentre loro vivono ogni singolo istante
fusi nella magia della città,
noi siamo sospesi tra passato e futuro,
logorati dall'attesa e straziati dal ricordo,
incapaci di abitare il presente.

Oltre il confine



Fugge al di là delle tenebre,
oltre l'orizzonte,
oltre il confine tra la realtà e il sogno.
Corre lontano da quel sole,
seguendo un filo di follia
e aspetta trepidante la sera.
Perchè di notte tutto ha più senso...
o forse è l'oscurità a mischiare le carte.
E il mondo si veste di apparenze irrazionali...
Il mio pensiero è libero,
sciolto dai vincoli della ragione,
libero di volare,
di urlare contro il vento,
di giocare a dadi con la luna.
Quella luna che ispira i poeti,
che ci guarda con materna alterigia,
che ci innamora e ci illude
che abbraccia la notte
con la sua luce smorzata,
come impalpabile polvere di sogni.

Figlia dell'arte



Sono già vecchia...
logorata dalle ere
dal loro splendore
dai loro eterni drammi.
Sono la figlia di luci ed ombre,
di battaglie perse
e di colpi di genio.
Sono una bambina
nata tra le braccia dei poeti,
cullata dal suono di versi antichi.
Sono un'adolescente
infervorata dai romanzi,
silenziosa amante di controversi scrittori.
Sono una donna
rassegnata e stanca,
sognatrice persa tra le parole.
Sono un'anziana
che si risveglia dal torpore dei secoli bui
destata dal tronfio splendore dell'Illuminismo.
Sono l'umanità
che si abbandona deliziata
all'onirica dolcezza del Romanticismo.
Sono una sognatrice disincantata,
avvelenata dalla realtà,
figlia di un sempiterno Decadentismo.
Sono l'eterno susseguisi delle epoche
e il loro continuo citarsi.
Sono la penna
da cui fluisce la nostra storia
e sono la carta
pronta ad accoglierla.

Come in mezzo a fantasmi fluttuanti



Una sinfonia di voci discordanti,
un intreccio di direzioni diverse,
come tante rette che si intersecano in uno strano disegno,
una matassa di pensieri indecifrabili,
di oscuri ideali celati dietro il velo della quotidianità.
Sfilano davanti ai miei occhi vite sconosciute,
incontro anime nelle quali non penetrerò mai,
colgo fugaci attimi di storie,
come una pagina sfuggita da chissà quale libro.

Loro sono comparse nel film della mia esistenza...
uno sfondo superfluo.
I loro percorsi sono per me solo un insensato vagare...
E passeranno nella mia vita,
incontrerò i loro sguardi,
ma di loro non resterà nulla,
saranno solo voci
perse nella memoria
sommerse dall'indifferenza.

La morte della chimera



C'era un tempo in cui volavo leggera al di sopra della città,
un tempo in cui non mi importava di queste nubi di piombo,
un tempo in cui il cielo non era altro che una distesa di sogni.
Ma il mondo si è tolto la maschera
e mi guarda con i suoi occhi di ghiaccio e sangue,
con il suo ghigno di morte...

E' lontano il giorno in cui ridevo con l'innocenza nel cuore,

quando mi guardavo intorno con lo sguardo di rugiada,
pieno di illusioni, di sogni,
quando non vedevo la profonda crepa di questo mondo,
quando camminavo senza paura di cadere nel baratro,
quando danzavo tra quelle mine pronte ad esplodere.

Il tempo mi ha privata di questi doni,
mi ha insegnato a distinguere tutti i toni del grigio,
mi ha insegnato che sapore hanno le lacrime.
E con le mie lacrime ha lavato via le illusioni...
lasciandomi nuda, vestita solo della miseria umana,
di tragiche parole vuote,
di sogni ormai spenti.

Scivolando giù....

"...in fondo a quest'oggi c'è ancora la notte,
in fondo alla notte c'è ancora, c'è ancora..."


Fluttuanti e ridenti,
mentre il buio si impossessa delle nostre esistenze,
mentre il rumore invade la nostra testa,
mettendo a tacere i pensieri,
quegli inutili stralci di sofismi.

La notte corre
seguendo il ritmo dei tacchi sul selciato
spingendoci nell'abisso,
verso il quale ci affrettimo,

felici e incoscienti...
E precipitiamo....


"e poi la nebbia discese a banchi ed il barometro segnò tempesta,
ci risvegliammo più vecchi e stanchi, amaro in bocca, cerchio alla testa..."


Viaggio di un cervello visionario e allucinato




Sfreccia.
una folle idea
e forse sono pazza davvero.

Mi cerco e non mi trovo.
Il mio cervello è fuori a buttare la spazzatura,
eppure è strano,
la spazzatura sembra non finire mai!

Dovrei dare una ripulita ai miei pensieri...
forse avrei bisogno di una colf,
o forse continuerò a sguazzare nel mio caos.
Inciampo nelle mie illusioni,
sbatto il muso per terra...
il freddo pavimento sul mio viso dolorante...
...non è così male...

Il filo dei miei pensieri si stringe,
è un cappio intorno al mio collo...

Forse dovrei scappare,
forse sono folle e inconcludente,
forse dovrei davvero scappare urlando...
forse l'ho già fatto,
forse vivo in un mondo parallelo,
forse nessuno mi capirà mai,
forse non mi capirò mai nemmeno io.

Come se nulla più esistesse



Viaggio ad occhi chiusi nella notte,
scheggie di luce tra la trama e l'ordito,
sorriso sulle labbra e l'ignoto di fronte.
Il silenzio, il buio,
il martellare curioso del cuore
che sembra contare ogni secondo di attesa...

E poi mi trovo a perdermi in una massa di ricci capelli,
nel viola di quei petali inaspettati,
nelle parole di chi mi fa sentire speciale.
Come un fuoco che trae la sua forza dall'ossigeno che lo circonda
così la gioia esplode radiosa e smodata,
alimentata dal calore e dall'affetto che mi avvolgono.

In un attimo sembra che le stelle si accendano,
che la città non sia così grigia..
E mentre la notte avanza imperiosa
io sono immobile in un momento perfetto,
dominata da un'emozione più forte di me,
come se nulla più esistesse,
sorridente
nello splendore dei miei 18 anni.

Come una domenica d'inverno




I
rami di quell'albero oscillano,
abbandonandosi remissivi alla furia del vento
che sbatacchia la mia finestra chiusa,
che si insinua tra le imposte,
colpendo il mio corpo come una lama fredda.
E' quel vento malinconico di una domenica d'inverno

che sibila e ulula come in un lamento,
come in cerca di attenzioni.

Il cielo è opaco, spento,
coperto da bianchi veli strappati
che mostrano brandelli d'azzurro.

La vita si consuma lenta e inesorabile

e sembra consumare anche me.
Un azzurro polveroso avvolge la mia esistenza
e i miei pensieri fuggono,
spinti dal vento,
monotoni e piatti anch'essi

come una domenica d'inverno...

La danza degli inferi






Formiche,
formiche che si affannano e si azzuffano per una briciola.
Questo siamo.
Nulla più.

Lacrime cadute su questo mondo
questo mondo troppo caldo per noi.
E ogni giorno ci bruciamo
e ci abbandoniamo al fresco della sera
per ritrovarci al mattino avvilupati da lingue di fuoco.

E il fuoco ci accompagna in una danza frenetica

Siamo formiche che lottano per uscire dal fuoco,
straziate ed indifferenti,
formiche col cuore d'argilla,
reso roccia dalle fiamme.

Un atroce urlo ferisce le orecchie.
Un tragico colore allaga le palpebre.
Rosso
come il fuoco,
come il sangue,
come l'Inferno.

La parola si fa vita






Ho bisogno di sentire le idee accendersi nella mia testa come fuochi d'artificio, luminosi e grandiosi,
ho bisogno di sentire il loro rumore rimbombare, la loro eco ripetersi...
ho bisogno di sentire le parole correre nella mia mente come un treno sul binario dei pensieri, in un viaggio infinito verso l'ignoto.
Ho bisogno di sentire il cervello lavorare febbrile, di essere sveglia, attenta.
Voglio lasciare la mia immaginazione libera di vagare,
voglio poter creare con la mia sola fantasia mondi inesistenti,
voglio piegare le parole al mio potere,
voglio essere capace di guardare il mondo,
voglio avere sempre la voglia di pormi delle domande
e la forza di cercare delle risposte.

La mia mente non si addormenterà, non si lascerà narcotizzare dai luoghi comuni e dalle convenzioni, non si adatterà a questa società che cerca in ogni modo di reprimerla, di inaridirla.

Io lo so che sono viva solo quando non mi fermo al quotidiano, quando non accetto di vivere relegata nel mio mondo, ma ne esploro altri.
E in questi momenti c'è quel libro sul comodino....e io mi trasformo, sono chiunque e non sono nessuno, sono dovunque ma da nessuna parte....
Vivo delle vite degli altri
e riverso la mia su di un foglio.
e faccio arte di una vita banale, un'arte indegna di qualsiasi lode, ma uno stimolo per una mente sull'orlo del baratro....
E l'arte ci rende eterni...le parole ci assorbono, si caricano della nostra essenza e si elevano a "monumento più duraturo del bronzo".

La più grande condanna dell'uomo

La condanna più grande dell'uomo è la sua ricerca costante ed estenuante di quella utopica chimera che è comunemente chiamata felicità....

Gli esseri umani si affannano per la "felicità", si scontrano, generano odio e guerre per accaparrarsi la loro fetta di "felicità".... tutti corrono silenziosi e rancorosi inseguendo qualcosa che non sanno nemmeno definire... si vestono di invidia e gelosia, si avvelenano l'anima.
Non siamo nemmeno più liberi di avere la nostra idea di felicità, perchè ci è già stata dettata dalla comunità, possiamo solo adeguarci...
La felicità di un moderno uomo occidentale consiste essenzialmente in tre cose: soldi, potere, sesso.
Questi tre baluardi della società si potrebbero ricondurre facilmente ad uno solo: il riconoscimento sociale.
Perchè, se avvertiamo il desiderio di avere le tasche piene, non è solo per poterci permettere alcune comodità...abbiamo bisogno della macchina fiammante, dei vestiti firmati, di una mega villa in cui passeremo una settimana all'anno! tutto questo per mostrare la nostra superiorità, per ostentare una ricchezza esclusivamente materiale.
E vogliamo piegare gli altri al nostro potere, vogliamo il mondo ai nostri piedi, perchè ci piace guardare tutto dall'alto, ci piace giocare ad essere Dio, perchè non siamo in grado di convivere con i nostri simili.
E cerchiamo la compagnia di uomini e donne bellissimi, che soddisfino i nostri istinti più bassi (perchè nella nostra natura divina qualcosa di umano è rimasto!), che suscitino l'invidia e l'ammirazione degli altri.

Siamo incapaci di accontentarci, di collaborare, di accettare dei limiti. Siamo perennemente insoddisfatti. E più otteniamo, più diventiamo avidi e aridi. La società si appiattisce, guardiamo con incuranza i veri valori che soccombono schiacciati dal materialismo e dalla superficialità.
Cerchiamo di mostrarci così fottutamente ricchi, ma dimentichiamo di occuparci della nostra anima e della nostra mente.

Non siamo capaci di renderci conto delle nostre fortune, di essere, se non felici, almeno sereni...

Se l'essere umano fosse capace di accontentarsi, la sua vita sarebbe migliore.
Se l'essere umano smettesse di ricercare la felicità, riuscirebbe ad avvicinarcisi di un passo.
Se l'essere umano smettesse di ricercare la felicità, probabilmente, non sarebbe un essere umano.

Il nostro guaio è di essere umani...

Nell'aria fredda della sera

Ballo e questa musica allaga la mia mente,
ballo e il ritmo forsennato si impossessa con arroganza di ogni mio muscolo,
ballo con questa massa di capelli dorati che danzano davanti ai miei occhi come sottili fili di luce....

Ballo con questa gente, così diversa, ma in fondo troppo uguale,
ballo in mezzo a decine di cuori dal battito accelerato,
ballo circondata da occhi persi tra bagliori psichedelici...

Balliamo, come se nient'altro esistesse,
come se fossimo nati per muovere i nostri corpi caldi d'alcool su una pista affollata.
E l'aria della sera sembra così fredda, la luna un po' troppo luminosa,
gli alberi che ondeggiano al vento troppo calmi.
E il silenzio mi riporta in me,
quella musica lontana suona come la promessa di rinnovate e fugaci gioie.

E io cerco di riprendere contatto con il mio corpo...
cerco il mio cuore e le sento ferito,
cerco il cervello e lo trovo offuscato...


Tra le mie labbra c'è una sigaretta,
il suo fumo mi avvolge, rendendo il mondo ovattato,
come a volermi proteggere,
nascondendo ai miei occhi questo mondo, troppo cattivo, che mi ferirebbe....

....vuoto...

il vuoto nel petto che prende forma e si fa spazio tra i miei sentimenti.
un dolore senza nome nè forma che allaga la mia mente
e le parole che scivolano a fatica sulla tastiera
e si allontanano, quasi a voler trascinar via questo dolore.

ma se c'è una cosa che non si può portare via, quella è il vuoto...
l'unica soluzione è riempirlo...
ma il mio vuoto assume sempre più la forma di un buco nero,
che riusucchia tutto ciò che gli si avvicina, annullandolo,
e cresce, cresce e lo sento assorbire anche me,
trascinarmi verso il nulla, verso il grigiore della monotonia,
verso il silenzio che ferisce i timpani...

questo trattino verticale lampeggia sullo schermo,
aspetta paziente che trovi le parole...
lampeggia, come a scandire il ritmo lento e apatico del mio cuore...
lampeggia, regolare, incessante...
e io lo fisso ipnotizzata....

le parole non mi serviranno a nulla oggi, lo so....
è un altro inutile tentativo di sputare via il veleno....

forse questa volta dovrei cercare l'antidoto....

forse anche stavolta, come tante, mi rifugerò nel conforto di altri veleni...

Nel silenzio

e brucia più che mai l'indifferenza sulla mia pelle,
brucia il ricordo di quello che c'era
e che abbiamo distrutto a colpi di illusioni,
tenendo gli occhi chiusi....
e quando li abbiamo riaperti la luce ci ha accecati,
ci ha travolti dura e spietata come la realtà
Ma era tardi per tornare indietro,
è sempre troppo tardi per tornare indietro.....
a me resta un vago ricordo, una pallida speranza,
a te ho lasciato il dolore,
ti ho colpito con la violenza di un'incosciente,
ti ho abbandonato nell'abisso con l'incuranza di una bambina,
ti ho strappato via i tuoi sogni con la freddezza di chi non sa cosa vuol dire amare...
rimaniamo entrambi sommersi nel nostro silenzio,
in quella distanza così diversa da quello che tu sogni, da quello che io spero....

L'opacità della community

Foto su foto,
facce diverse ma con la stessa espressione, la stessa posa,
la stessa maglietta alzata a mostrare i lucidi e depilati pettorali,
lo stesso celulare che scatta la foto riflettendosi nello spechio...
e in basso gli stessi commenti, dettati sempre dagli stessi pensieri,
sempre con gli stessi errori grammaticali, con la stessa distratta superficialità...
le presentazioni che non rivelano niente, che ci mostrano tutti uguali,
con la stessa personalità, le stesse idee...
e le parole si riducono, si perdono, si dimenticano,
si lasciano sostituire da foto provocatorie e squallidi messaggi...
e tutti inseguono la stessa cosa
qualche minuto di compagnia, qualche lusinga,
quella sensazione che si prova quando si è desiderati,
quella amicizia vuota e fittizia che ci piace accumulare.
Assistiamo all'inevitabile disfatta del pensiero
che affonda nell'omologazione e nella banalità,
come un sasso in uno stagno, che si posa sul fondo,
presente,
ma difficile da recuperare....

Castelli di carte

Ogni 3 secondi un bambino muore di fame
Ogni 3 secondi un innocente soffre
Ogni 3 secondi una madre piange sul corpo del proprio figlio
In ogni istante il debole soccombe...

E' la legge del più forte...

E poi non venitemi a parlare di giustizia...

Come è crudele la Natura
che ci getta in questo mondo carichi di ideali,
con la concezione della giustizia,
per poi disilluderci, mostrandoci quanto inutilli siano i nostri fottutissimi nobili ideali,
mettendoci davanti ad una realtà in cui la giustizia non esiste...

Diciamoci la verità,
la giustizia è un'invenzione dell'uomo
è la nostra eterna chimera,
una sorta di speranza che ci consola,
un sogno senza il quale saremmo allo sbando,
preda degli impulsi e di una delirante disperazione...

Ma quale esempio ci dà il nostro Dio di giustizia?
Cosa c'è di giusto in un bambino che soffre la fame?
qual è la sua colpa?

e noi ci affanniamo a scrivere codici, creare tribunali per inseguire quella giustizia che ognuno decanta, ma che nessuno conosce realmente....